Oggi metto da parte fili e telaio perché vorrei parlarvi di un libro: non una recensione vera e propria, ma quello che ne ho ricavato leggendolo, perché penso possa essere un balsamo per il cuore di tutte noi che ci dedichiamo alla nostra passione andando perfino contro quelli che pensano che spendiamo soldi per fare cose inutili e antiquate.
Premessa
Mentre facevo ricerca in una libreria online tra i volumi di ricamo in offerta (non si sa mai, ogni tanto capita l’occasione), il sistema mi ha suggerito tutta una serie di libri non di schemi e tecnica, ma di storia. Francamente non li avevo mai presi in considerazione, forse neanche letti, in Italia non ce ne sono (purtroppo) molti, è un argomento poco studiato. E infatti erano tutti in inglese.
Questo mi ha colpito per la copertina e per le recensioni entusiaste, così mi sono incuriosita: una storia del ricamo come specchio della figura femminile, dell'essere donna e del femminismo. Spinta dall’entusiasmo delle lettrici l’ho comprato, benché sia datato (è degli anni ’80). E ne è valsa la pena, è davvero interessante!
Il libro è The Subversive Stitch. Embroidery And The Making Of The Feminine di Rozsika Parker, si trova su Amazon e su Book Depository. Difficile trovarlo in una biblioteca italiana, ma potete provare a richiederlo.
Non ve ne parlo per spingervi a comprarlo, in alcuni tratti è davvero troppo esposto e femminista, a volte eccessivo, ma vi racconto alcune cose interessanti che ne ho ricavato.
Non ve ne parlo per spingervi a comprarlo, in alcuni tratti è davvero troppo esposto e femminista, a volte eccessivo, ma vi racconto alcune cose interessanti che ne ho ricavato.
Per una che mastica un inglese scolastico non è stato tanto facile, tuttavia è scorrevole, se anche non si capisce una frase si arriva al contesto, quindi non spaventa. Tra l’altro è corredato di tante fotografie (purtroppo in bianco e nero), che illustrano la storia del ricamo.
Il ricamo sovversivo
Da sempre il lavoro d’ago è stato associato all’immagine di purezza e castità: circondata da silenzio, le spalle curve, lo sguardo basso, la ricamatrice per alcuni è simbolo di sottomissione, per altri è una donna seducente e affascinante (questo dualismo lo potete riscontrare nei quadri che la raffigurano, o nella letteratura che la descrive).
In ogni caso è sempre una figura calma, tranquilla, eccetto che per Freud: pensate, sconsigliava questa attività, diceva che il troppo ricamo poteva portare all’isteria, perché è un’azione ipnotica (si ripete sempre lo stesso gesto per ore). Sapete che in parte sono d’accordo con lui? Non per il gesto ripetitivo, ma perché quando sbaglio qualcosa e devo disfare divento isterica! Ma mettiamo da parte l’esperienza personale HEHE.
Mentre storicamente il ricamo come passione era appannaggio delle élite, o degli uomini di Chiesa (frati, monaci), e quello professionale delle classi più basse, nel 20. secolo diventa l’espressione della vita personale, che si trasforma in qualcosa di universale (fate attenzione a questo concetto, è basilare, lo riprendiamo dopo).
In particolare negli anni’70 il movimento femminista usa quest’arte (forse proprio per sovvertire l’immagine di donna sottomessa) per un attivismo politico, ad esempio ricamando slogan e frasi incisive sui sampler. Ciò viene fatto ancora oggi (non in Italia mi pare, ma nei Paesi anglosassoni), infatti nel 2003 viene coniato il termine CRAFTIVISM da CRAFT + ACTIVISM: le artiste ricamano slogan contro povertà, capitalismo, ingiustizie e distribuiscono i loro ricami o fanno installazioni per mostrare la loro protesta. C’è anche un sito di riferimento, lo trovate qui.
Quindi cos'è il ricamo? Solo un costoso hobby?
Alla luce di tutto questo, della storia, dell’immagine stereotipata della donna e della ricamatrice e di quello che è veramente, andando più a fondo e più dentro, vediamo cos’è il ricamo per noi e perché è tanto importante: è un processo creativo che si attua nel dare forma a un pensiero, perciò il risultato è una trasformazione di se stessi, un’affermazione di sé.
Capito quanto è vitale? Teniamolo presente e cerchiamo di spiegarlo a chi non comprende la nostra felicità nel tenere in mano un pezzo di stoffa e nel scegliere la matassina dal colore perfetto.
La cosa più bella è che la ricamatrice vede un riflesso positivo di se stessa nel suo lavoro e nella ricezione dello stesso negli altri: riflette un mondo interiore ricco, pieno di pensiero e sentimento, che porta ad un cambiamento di se stessi e della relazione con il mondo.
Il ricamo promuove la capacità di pensare, conferma la propria abilità di amare e di sentire amore. Ha il potere di trasformare la vita di chi lo pratica e quindi di tutta la società.
Vi pare un’esagerazione? A me no: quando ricamo mi sento in armonia con tutto, perfino la mia delusione se qualcosa non mi riesce la prendo come scuola di vita, e la felicità per un lavoro finito e fatto bene, coinvolge me e tutti quelli che mi stanno attorno, anche se non capiscono davvero il perché (la felicità è contagiosa, a prescindere dalla sua origine).
Vi pare un’esagerazione? A me no: quando ricamo mi sento in armonia con tutto, perfino la mia delusione se qualcosa non mi riesce la prendo come scuola di vita, e la felicità per un lavoro finito e fatto bene, coinvolge me e tutti quelli che mi stanno attorno, anche se non capiscono davvero il perché (la felicità è contagiosa, a prescindere dalla sua origine).
Non dovremmo quindi chiamare le nostre opere “lavoro”, come se fossero qualcosa da fare per gli altri, ma “arte”, poiché arte significa fare qualcosa per se stessi.
Conclusione
Spero che non siate rimaste deluse da questo post letterario e filosofico, non vi ho mostrato nulla di mio e non vi ho linkato schemi, ma una pausa riflessiva penso che ci voglia, sia per onorare tutte le ricamatrici e i ricamatori (per professione o per passione) che ci hanno tramandato quest’arte meravigliosa, sia per supportare quelli che ne hanno fatto e ne fanno tuttora un modo per cambiare il mondo in modo gentile attraverso le loro artistiche proteste che spero non vengano ignorate.
Ma scherzi carissima Irene? Questo post l'ho letto con grande interesse e il titolo "Ricamo sovversivo" è così intrigante. Ma ora ho capito anche perchè sono una psicologa isterica: ricamo! Bastava leggere bene il vecchio caro Freud per apprenderlo. Questa chicca però, in tanti anni di studio mi era sfuggita.
RispondiEliminaE si, lo ammetto: mi sento un'artista!
Baciotti Susanna
Grazie Susanna!
EliminaCiao Irene questo post è bellissimo, sono sempre alla ricerca della storia del ricamo, che ho sempre considerato un’arte, ho letto con molto interesse tutto e ti ringrazio per avere condiviso la tua ricerca.
RispondiEliminaGrazie Angela, ho fatto un po' di fatica ma ne è valsa la pena :)
EliminaMi ha fatto piacere leggerti, il pensiero di Freud ...non lo dirò a mio marito se no quando sono nervosetta da la colpa al ricamo😂😂😂.
RispondiEliminaGrazie per essere una fonte di idee e ispirazione
hehe Grazie a te :)
EliminaMolto interessante il tuo post Irene, l'ho letto con vero piacere, grazie!
RispondiEliminaIo quando ricamo mi rilasso, quindi oltre a considerarlo un'arte per me è anche una forma di terapia
verissimo, grazie Roberta
EliminaCome deluse? È bellissimo questo post! La storia del ricamo parla della storia della donna. È molto affascinante!
RispondiEliminaGrazie Carmen
EliminaE sì, siamo decisamente sovversive. Ma va bene così. Buon lavoro!
RispondiEliminaGrazie, altrettanto
EliminaBellissimo "affermazione di se" e la nostra arte è in contrapposizione con la società moderna del tutto,subito e con il minimo sforzo. Grazie per questo cameo di cultura.
RispondiEliminaGrazie a te Ilaria
EliminaCarissima Irene, scherzi? Qualsiasi sia il tuo post è SEMPRE interessante! Ho abbandonato tempo fa la domanda su perché mi piace così tanto il ricamo. Sicuro è una mia passione e mi sento fortunatissima di avere questa passione. È bello leggere da te però, che trasmettiamo il nostro essere dentro e quest'arte trasmette dei sentimenti che sono belli e sani.
RispondiEliminaPurtroppo però non tutti lo capiscono anzi.... ma fa niente.
Quello che devo ancora imparare è il fatto mio che ho, che quando ricamo fuori "orario", cioè non la sera o la domenica, mi sento come dire? In colpa? Ho sempre quella sensazione che dovrei magari fare altro, che so? Una torta per il marito? hehehheh... o pulire i vetri? Insomma non riesco a ricamare così rilassata come di sera o nei wk. Problema mio lo so ma che ci posso fa...
Grazie comunque per aver parlato di questo e a presto ad un tuo prossimo post. Un abbraccio Woody
eh già, tuttavia non bisognerebbe sentirsi in colpa perchè tutti abbiamo diritto a del tempo per noi stessi, ne va della nostra salute! Grazie Woody
EliminaScherzi questo post è interessante ed è bello da leggere, anch'io mi sento come Woody di "rubare" tempo che dopo una giornata di lavoro potrebbe essere "speso" in altre faccende più urgenti, ma mi sa che anche questa è una conseguenza della nostra educazione. Grazie per tutte le informazioni, M.Grazia
RispondiEliminaGrazie a te Maria Grazia
EliminaMolto interessante questo post! Freud aveva proprio ragione. Quando ricamo mi immergo in un mondo parallelo da dove mi è difficile uscirne. Sono come ipnotizzata dall'ago e dal filo... trasformerei ogni cosa in crocette ! ! !
RispondiEliminaVerissimo Marula!
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